T
e
r r e n o - d i - s p e r i m e n t a z i o n e
P
r
e s e n t a z i o n e
Convento
della Carità, Andrea Palladio,
Venezia
(1560)

Tre anni dopo lo sfortunato esordio di
San Pietro di Castello e pochi mesi dopo l’inizio del cantiere
del refettorio di San Giorgio Maggiore, Palladio ha un’altra occasione
di lavoro con una committenza ecclesiastica veneziana. Nel marzo del
1561 gli viene infatti pagato un modello per il convento dei Canonici
Lateranensi. Per i monaci Palladio inventa un progetto grandioso, chiaramente
ispirato ai suoi studi sulla casa degli antichi romani, con un atrio
di monumentali colonne composite e due cortili separati da un refettorio.
Dal 1569, tuttavia, l’ambizioso cantiere
segna il passo dopo la realizzazione del chiostro e dell’atrio,
quest’ultimo distrutto da un incendio nel 1630. Per comprendere
lo splendido frammento è necessario affidarsi, seppure con qualche
cautela, alle illustrazioni dei Quattro Libri.
Il progetto per il convento della Carità — che colpisce
profondamente Giorgio Vasari in visita a Venezia nel 1566 — ha
come punti di riferimento le riflessioni palladiane sulle terme e soprattutto
sulla casa degli antichi romani, studiata e ricostruita per l’edizione
di Vitruvio del 1556.
Nella concezione palladiana la casa degli
Antichi poteva essere infatti ricreata solamente in termini di una grande
struttura organizzata (come un complesso monastico) o, in grado minore,
di una dimora privata come palazzo Porto a Vicenza: qualcosa in effetti
di molto lontano dalla realtà disorganica delle dimore romane
antiche. Di questo progetto straordinario sono giunti sino a oggi sostanzialmente
tre episodi architettonici: la scala ovata vuota nel mezzo, la sacrestia
della chiesa modellata come un “tablino” della casa antica
e la grande parete del chiostro a tre ordini sovrapposti.
Il tablino è senza dubbio uno dei più puri esempi di classicismo
palladiano: le colonne libere e le terminazioni absidali furono probabilmente
ispirate ai resti di camere simili localizzate intorno al frigidarium
delle terme di Caracalla e usate da Palladio nella ricostruzione di
altre terme. Singolare è il contrasto cromatico fra gli elementi
dell’ordine: il fregio lungo la parete, di colore rosso, si innesta
su un settore di trabeazione in pietra bianca, a sua volta sostenuta
da una colonna in marmo rosso.
La stessa accentuata bicromia si ritrova
nella potente parete del chiostro a ordini sovrapposti che molto deve
al cortile di palazzo Farnese a Roma. La tessitura muraria era realizzata
con mattoni sagomati da lasciare in vista, protetti da una pittura rossa,
mentre capitelli, basi e chiavi d’arco venivano realizzati in
pietra bianca. Tale inedita libertà espressiva è una delle
caratteristiche del Palladio della maturità, quando l’assimilazione
dell’architettura romana antica è tale da concedergli la
libertà di ricercare effetti insoliti, come sovrapporre un fregio
corinzio con bucrani e festoni (sul modello del tempio di Vesta a Tivoli)
all’ordine dorico del primo ordine del cortile.
tratto dal sito internet del Centro Internazionale di Studi di Architettura
Andrea Palladio
www.cisapalladio.org >
ritorno a Terreno di sperimentazione >